RISIKO – Con Antonio Albanese, direttore di AGC Communication

Lo scorso 27 novembre lo scienziato Mohsen Fakhrizadeh-Mahabadi, professore di fisica alla Iman Hussein University di Teheran, nonché generale delle Guardie rivoluzionarie iraniane, è stato assassinato mentre era alla guida della sua auto. Fakhrizadeh, era conosciuto soprattutto come il «padre del nucleare iraniano» e, in ragione ciò, già da tempo il suo profilo era sotto la lente d’ingrandimento delle più note agenzie di intelligence del mondo. Non ci sono dubbi sul fatto che sia trattato di un’esecuzione. Molti dubbi, invece, rimangono circa le dinamiche dell’attentato.
In questi giorni, infatti, si sono susseguite diverse ricostruzioni dei fatti. Secondo l’ipotesi più accreditata, sembrerebbe che Fakhrizadeh sia stato ucciso da un cannoncino che si trovava all’interno di un van, azionato da un’intelligenza artificiale manovrata tramite un satellite. Una dinamica che richiede una notevole complessità logistica e operativa, che fa pensare ad una predeterminazione di lungo tempo. Quanto ai “mandanti” dell’attentato, si possono fare soltanto ipotesi. Gli iraniani hanno puntato il dito contro Israele e, soprattutto, contro gli USA. Ad ogni modo, l’Iran ha fatto sapere che questo attentato non rimarrà impunito: la morte del loro generale sarà vendicata.
L’amministrazione guidata da Joe Biden si troverà, quindi, suo malgrado, ad ereditare una situazione molto spinosa. E pensare che, soltanto pochi mesi fa, il neo presidente degli Stati Uniti ha pubblicamente espresso la volontà di riportare in vita proprio l’Accordo sul nucleare da cui Trump è uscito. Nel frattempo, il Parlamento iraniano, dopo appena due giorni dall’attentato, ha approvato a larga maggioranza un documento per rilanciare il programma nucleare. E’ chiaro che il mistero della morte di Fakhrizadeh, nasconde molte insidie ancora tutte da scoprire.
Buon ascolto!