Con il dott. Luigi ALCARO, ricercatore dell’Istituto Superiore per protezione e la ricerca ambientale (ISPRA)
Puntata di giovedì 15 aprile, ore 18.00

Il 13 gennaio 2012 la nave da crociera Costa Concordia si inabissò nelle acque dell’Isola del Giglio, nella zona del Parco delle Isole Toscane. Il tragico evento, che costò la vita a 32 persone, ha comportato un considerevole danno all’ambiente costiero, soprattutto del fondale marino. Ci sono voluti, infatti, 9 anni per ripristinare l’ecosistema marino. Un lavoro immane, realizzato grazie alla collaborazione sinergica delle Istituzioni pubbliche e private, e al coordinamento tecnico dell’Ispra. Alcuni numeri possono aiutare a comprendere la portata del lavoro che si è reso necessario. Stiamo parlando di un “mostro marino” lungo più di 250 metri con più di 4 mila passeggeri a bordo, che si è riverso su un lato a circa 40 metri di profondità, riversando in mare tutto ciò che era presente sulla nave. Sono stati necessari soltanto tre anni per la rimozione del relitto, e impiegate per le diverse operazioni decine di migliaia di operai e addetti ai lavori.
La pulitura dei fondali, una superficie di circa 20 mila metri quadrati, è stata terminata nel 2018. Purtroppo, la conseguenza più rilevante, a livello di danno ambientale, è stata la morte della vasta prateria di posidonia oceanica. Una pianta endemica del Mar Mediterraneo ( protetta a livello internazionale) che svolge un ruolo fondamentale nella produzione di ossigeno, e costituisce la “casa” di migliaia di organismi viventi. La posidonia è praticamente “morta soffocata”, soprattutto per l’effetto ombra prodotto dallo scafo della nave e dalle piattaforme utilizzate per rimuovere il relitto, che ha ridotto l’attività di fotosintesi della pianta fino a procurarne la morte. Parimenti, è stato distrutto anche il fondale coralligeno, un insieme di organismi che hanno una struttura calcarea, anch’essi protetti a livello internazionale.
Dal 2019 sono in corso le operazioni di reimpianto di esemplari di posidonia oceanica e di gorgonie ( che sono una sorta di coralli). Un lavoro di cui si sta occupando l’Università La Sapienza, con la supervisione dell’Ispra, e andrà avanti fino al 2024. L’opera di reimpianto sembra stia procedendo bene, tant’è che gli esemplari si stanno riproducendo. Ad ogni modo, ci vorranno decine di anni per avere un totale recupero.
Siamo abituati a guardare la superficie del mare senza soffermarci a riflettere sulle conseguenze dell’azione umana sulla vita marina. Eppure gli oceani sono “il polmone del mondo”, producendo il 50% dell’ossigeno che respiriamo. Una ragione più che valida per preservare la vita dei nostri mari.
Buon ascolto!