LA GEOPOLITICA DEI VACCINI: IL CASO ASTRAZENECA.

LA GEOPOLITICA DEI VACCINI: IL CASO ASTRAZENECA.

Con Paolo BORCHIA, europarlamentare Gruppo Lega-ID; Arnon SAHAR, responsabile nazionale della task force vaccinazione anti-covid del Maccabi Health Service; Antonio ALBANESE e Graziella GIANGIULIO, direttore e condirettore di AGC Communication.

PUNTATA DI MERCOLEDÌ 17 MARZO, ORE 15.00

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Come era prevedibile, la decisione di ieri dell’EMA (European Medicines Agency), arrivata dopo quattro di stop ad Astrazeneca da parte di Italia, Francia e Germania, ha tolto il vaccino della multinazionale inglese dal girone del disonore e dell’infamia. Ciò non toglie, che la decisione del triangolo italo-franco-tedesco abbia arrecato un danno d’immagine nei confronti del vaccino Astrazeneca, i cui effetti si andranno ( purtroppo) a manifestare nelle prossime settimane con un probabile rallentamento nella campagna vaccinale europea.

In questa puntata di Risiko, Antonio Albanese e Graziella Giangiulio, insieme agli ospiti intervenuti, hanno cercato di fare un po’ di chiarezza su questa vicenda. L’intento, come sempre, è quello di fornire informazioni precise comprovate da dati ed esperienze dirette, come quella del prof. Arnon Sahar, responsabile della task force di vaccinazione anti-covid del Maccaby Health Service di Tel-Aviv. Il professore Arnon ci ha spiegato quali sono i punti di forza che hanno fatto diventare la campagna di vaccinazione di Israele un modello per gli altri paesi. Possiamo riassumere la strategia adottata da Israele in questi pochi punti. Punto primo: vaccinare tutti, senza distinzione di età e a prescindere dalle condizioni mediche e patologie croniche pregresse. Punto secondo: portare il vaccino sotto casa delle persone, invece di farle spostare in ospedale. Secondo il prof. Arnon, infatti, i cittadini sarebbero meno disponibili ad andare in ospedale: per paura di contrarre i virus nei nosocomi, ma anche perché gli ospedali spesso sono lontani, e molte persone sono costrette a utilizzare la macchina, con un dispendio di risorse economiche in termini di spesa per la benzina,di parcheggio, o costo dei biglietti per i mezzi pubblici. Quest’attenzione alle esigenze materiali e psicologiche delle persone, denota una scrupolosa analisi della situazione socio-economica e culturale della cittadinanza che ha preceduto la redazione del piano vaccinale. Punto terzo: abbattere tutte le normali procedure amministrative (tant’è che nessun israeliano ha dovuto firmare alcun documento all’atto della vaccinazione), e dotare le persone vaccinate di un patentino statale per ricominciare a condurre una vita normale ( e rimettere in moto l’economia). Questi tre punti possono funzionare a patto che siano supportati da un’azione politica coraggiosa, che non si faccia influenzare dall’emotività dell’opinione pubblica ma sia attenta ai dati scientifici, e anteponga il bene della collettività ai diritti dei singoli. Ci dispiace constatare, che in Italia ( come in altri paesi europei) dopo un anno di pandemia ci si ostini a volere combattere il covid con “soluzioni ordinarie” anziché con interventi straordinari. Se questo approccio fosse stato adottato in Israele, la loro campagna vaccinale non sarebbe nemmeno iniziata. Il prof. Arnon, infatti, ci ha ricordato che a dicembre, quando la campagna di vaccinazione in Israele stava per cominciare, si erano verificati in Gran Bretagna importanti casi avversi ai vaccini. Questi fatti non hanno minimamente scalfito la volontà del governo israeliano di andare avanti per raggiungere l’obiettivo di vaccinare tutta la popolazione. I casi avversi, compresi i decessi, ci sono e ci saranno, poiché non pensabile che un farmaco sia “a rischio zero”. La priorità è portare fuori dall’emergenza pandemica tutta la collettività. Indubbiamente, Israele ha le sue peculiarità territoriali, diverse da quelle dell’Italia e del resto del mondo, tuttavia la sua esperienza ha dimostrato che con un buon piano vaccinale la pandemia si può gestire e che gli effetti positivi della vaccinazione sono senza dubbio maggiori degli effetti collaterali sopportati.

A questo punto, possono rivelarsi utili i numeri sui vaccini che nel corso della trasmissione Graziella Giangiulio e Antonio Albanese ci hanno fornito. I dati riferiti al 10 marzo 2021 del vaccino “incriminato” (Astrazeneca) ci prospettano questa situazione: 5 milioni di vaccinati in territorio europeo e 31 decessi che si sono verificati a seguito della vaccinazione. Dati che non ci possono far parlare di un allarme, anzi l’incidenza di casi avversi è “nella norma”. Ad ogni modo, sono doverose tutte le inchieste per capire come mai si sono verificate queste morti e se sono direttamente correlate al vaccino. Del resto gli effetti avversi non si sono registrati soltanto per AstraZeneca. I dati riferiti ai vaccini Pfizer e Moderna, riferiti al periodo dal 14 dicembre 2020 al 14 gennaio 2021, evidenziano che a fronte di 13 milioni di vaccinazioni effettuate, si sono verificati 518 eventi gravi e 35 decessi: 16 morti riferite al vaccino di Pfizer e 19 a quello di Moderna.

A questo punto ci domandiamo come mai i decessi che si sono verificati a seguito dell’inoculazione dei vaccini di Pfizer e Moderna non abbiano generato lo stesso allarme nella politica e nell’opinione pubblica. Per rispondere a questa domanda, dobbiamo spostarci in ambito geopolitico. Anzitutto, dobbiamo dire che ogni vaccino ha sua “bandiera”. Il vaccino Pfizer -BioNTech è di proprietà di due multinazionali: la Pfizer è americana, la BioNTech è tedesca. Il vaccino Moderna veste la bandiera a stelle e strisce. Poi c’è il vaccino AstraZeneca /Università di Oxford, che è inglese.

Andiamo a vedere i prezzi dei singoli vaccini. Il vaccino Pfizer costa tra i 23 e i 25 dollari; quello Moderna costa 25 dollari; quello di AstraZeneca tra i 4 e i 5 dollari. Praticamente il vaccino inglese è quello più economico attualmente in circolazione, se consideriamo che anche lo Sputnik russo ha un costo che si aggira attorno ai 10 euro.

Ed ecco che comincia a delinearsi una situazione da guerra commerciale legata alle vicende della Brexit, che vede contrapposto il blocco europeo da un parte e quello della Gran Bretagna dall’altra. Probabilmente in tempo di pandemia le vicende della Brexit non hanno appassionato molto l’opinione pubblica, tuttavia in questi ultimi mesi si è registrata una forte tensione tra la UE e il Regno Unito tanto su questioni finanziarie quanto commerciali. Cominciano anche a circolare voci poco gradite a Bruxelles, che mettono a raffronto il successo della campagna di vaccinazione inglese contro il disastro europeo. Ergo, il Regno di Sua Maestà ci ha visto lungo ad uscire dall’Europa.La gestione della pandemia da parte della Commissione guidata da Ursula Von der Leyen è stata e continua ad essere un fallimento completo, da ogni punto di vista.

L’on. Paolo Borchia, europarlamentare del Gruppo Lega-ID, fa parte del “gruppo di contatto” tra il Parlamento europeo e la Commissione. Si tratta di una sorta di “delegazione”, costituita dai capigruppo delle Commissioni Industria, Ambiente, Sanità e Commercio internazionale del Parlamento europeo, che ogni settimana si confronta con almeno tre Commissari per avere lumi sulla gestione della campagna di vaccinazione. Il gruppo di contatto a sua volta riferisce al Parlamento. Nella “democratica” Europa, accade anche questo! Del resto nessun parlamentare europeo, nemmeno i membri del gruppo di contatto, ha potuto leggere il contenuto dei contratti stipulati dalla UE con le case farmaceutiche. E il presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, ancora non riesce a riprendere le redini della situazione. L’on. Borchia ci ha fornito i dati recenti sulla produzione dei vaccini in Europa. Possiamo soltanto constatare che a fronte di una riduzione delle forniture, 60 milioni di dosi sono state destinate ai cittadini UE, 34 milioni di dosi sono volate in paesi extra Ue. In questa situazione, la presidente Von der Leyen dichiara che l’Europa si trova in questa situazione perché non aveva a disposizione professionalità giuridiche adeguate per negoziare i contratti con le case farmaceutiche. Questa dichiarazione, non merita commenti di sorta, anche perché il fallimento europeo va ben oltre i contratti sui vaccini. Dopo un anno, come ha ben messo in evidenza l’on. Borchia nel suo intervento, l’Europa non è riuscita a dotarsi di protocolli unici per la raccolta dei dati sul Covid e si registrano disallineamenti importanti tra paesi membri.

Ed eccoci arrivati allo stop al vaccino AstraZeneca deciso all’unisono da Germania, Francia e Italia. Strane coincidenze? Anche l’on. Paolo Borchia non esclude che si tratti più di questioni legate alla politica industriale che alla pericolosità del vaccino sulla popolazione. Di certo, il dubbio lecito! Il punto è che l’Italia si trova di nuovo colorata di rossa nella stragrande maggioranza del paese, con imprese e professionisti al collasso. Possiamo uscire da questa situazione soltanto con una campagna di vaccinazione di massa, diversamente a breve ci saranno più morti a causa della povertà che del covid. Oggi sono riprese le vaccinazioni con AstraZeneca, e già si temono gli effetti dell’“informazione del terrore” nei confronti del vaccino inglese. Ci auguriamo che l’ascolto di questo podcast possa essere un valido contributo per formarsi un’opinione corroborata da fatti e non da speculazioni.

Buon ascolto!

Cristina Del Tutto, direttore

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