NON ME LA SONO CERCATA. Perché la violenza non è colpa delle donne.

NON ME LA SONO CERCATA. Perché la violenza non è colpa delle donne.

PER AMMAZZARTI MEGLIO – Con Ilaria Bonuccelli e la partecipazione del prof. Massimiliano Annetta

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Un uomo tenta di ammazzare la sua compagna e uccide il loro figlio di appena un anno di vita. Questa tragedia si è consumata per colpa della donna. Ad affermarlo, nero su bianco, è l’Avvocatura dello Stato che, per difendere l’Italia dinanzi alla CEDU dall’accusa di non aver adeguatamente tutelato le vittime coinvolte in questo caso di violenza domestica, è stata financo capace di puntare l’indice contro la donna vittima di questo dramma.

E’ la sconcertante verità che Ilaria Bonuccelli ha rivelato in questa puntata di “Per ammazzarti meglio”, e che la politica ha tentato di tenere nascosta all’opinione pubblica.

Nella sua memoria difensiva, infatti, lo Stato italiano ha dichiarato che dal momento che è stata la stessa denunciante a revocare le querele contro il compagno, così come a consentirgli di vivere in casa con la famiglia, è ragionevole supporre che “come madre” non avesse ravvisato un reale pericolo per i figli. Diversamente sarebbe ricorsa ai normali rimedi previsti dalla legge contro la violenza domestica. Ergo, la responsabilità di quanto accaduto è della donna, che ha sottovalutato il rischio a cui stava esponendo se stessa e i suoi figli.

L’avv. Massimiliano Annetta che rappresenta la vittima davanti alla Corte Europea per i diritti dell’uomo – non ha dubbi sull’esistenza di una responsabilità in capo alle Istituzioni italiane. Non solo. Per il prof. Annetta questo caso è paradigmatico, nel senso che mette in luce quanto la normativa nazionale rappresenti un valido manifesto politico da esporre nei talk show, totalmente inadeguata però a tutelare i soggetti deboli.

E, a quanto pare, quando i riflettori televisivi sono spenti, le Istituzioni italiane non esitano a scagliarsi contro una donna vittima di un tentato omicidio da parte del compagno, che in questa tragedia ha perso suo figlio. La nostra coscienza riesce a ricondurre questo atteggiamento all’interno del legittimo diritto di difesa dello Stato in un giudizio?

Non possiamo nemmeno parlare di una “svista” dal momento che c’è un precedente: la sentenza Talpis del marzo 2017, con la quale la CEDU ha condannato l’Italia per aver violato gli articoli 2 ( diritto alla vita) e 14 ( diritto alla non discriminazione) della Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica ( Convenzione di Istanbul). Secondo la Corte di Strasburgo, le autorità italiane, avendo sottovalutato la vulnerabilità morale, fisica e/o materiale della vittima, nonché assunto un atteggiamento di passività, si sono sostanzialmente rese corresponsabili della violenza.

A breve la CEDU si pronuncerà in via definitiva su questo caso, e l’ennesima condanna per l’Italia appare scontata. Ad ogni modo, non c’è condanna internazionale che potrà salvarci da una sconcertante ambiguità politica, fatta di proclami, belle parole e un’indecente ipocrisia perbenista. Nel frattempo le donne e i bambini continuano a morire vittime di violenza, e i sopravvissuti non ottengono nemmeno giustizia.

Ilaria Bonuccelli, caposervizio Regione “Il Tirreno”

Massimiliano Annetta, professore di diritto procedura penale Università UIL

Cristina Del Tutto, direttore

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