RECOVERY PLAN. COSA CI CHIEDE L’EUROPA?

RECOVERY PLAN. COSA CI CHIEDE L’EUROPA?

Con la partecipazione di Francesco Buonomenna, professore associato di diritto dell’Unione europea, Università degli Studi di Salerno.

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Il Consiglio europeo dello scorso 10 dicembre ha dato il via libera alle risorse del Next Generation UE. Adesso l’Italia, al pari degli altri Paesi europei, dovrà presentare alla Commissione europea un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), meglio noto all’opinione pubblica come Recovery Plan. Al riguardo, il Governo ha recentemente divulgato la ripartizione degli stanziamenti, e subito si è scatenata la polemica. C’è chi ritiene che si debbano destinare più risorse alla sanità, altri che ritengono che il Piano dovrebbe includere ulteriori settori d’intervento. Una discussione che, in generale, denota una non piena comprensione dei vincoli e delle finalità che sono stati posti dall’Europa per ottenimento di questi fondi. Con il prof. Francesco Buonomenna, abbiamo cercato di delineare i capisaldi di quello che dovrà essere il PNRR, partendo dalla disamina degli obiettivi del Next Generation EU: in pratica ciò che si potrà fare o non si potrà fare con queste risorse.

Anzitutto, il Recovery Plan deve definire attraverso un dettagliato cronoprogramma le tappe e i target intermedi e finali del Piano. Gli obiettivi, secondo quanto specificato nelle Linee guida della UE, devono essere specifici, misurabili, raggiungibili, realistici e con scadenze precise. Già, perché le verifiche da parte della Commissione saranno a cadenza semestrale, e il mancato raggiungimento dei target precluderà ulteriori esborsi da parte dell’Europa. In altre parole, non soldi facili da poter spendere quando e come si vuole.

I paletti stabiliti dall’Europa sono diversi. Il 37% di tutte le risorse deve essere destinato alla transizione green e il 20% al digitale. Poi ci sono le Raccomandazioni a cui l’Italia si dovrà attenere, e che riguardano principalmente la riforma della pubblica amministrazione e il miglioramento del sistema giudiziario, soprattutto in merito alla riduzione dei tempi nei processi civili e penali. Inoltre, con le risorse del Next Generation non si possono finanziare progetti già finanziati da altri fondi europei; così come in materia di infrastrutture non sono, ad esempio, finanziabili interventi che non presentano un piano progettuale sufficientemente realizzabile dal punto di vista delle tempistiche e modalità di attuazione ( in considerazione anche del fatto che gli impegni giuridici del Recovery Plan dovranno terminare il 31 dicembre 2023). Allo stesso modo, non sono finanziabili i progetti “datati”, per i quali si sono riscontrati nel tempo problemi di attuazione, e per i quali non è plausibile trovare una soluzione nel medio termine.

In generale, tutti i progetti dovranno dimostrare di avere un impatto diretto sul PIL, e un aumento del livello occupazionale e della resilienza sociale. Questo è un aspetto importante, dal momento che questi debiti a partire dal 1° gennaio 2027 dovranno essere ripagati e, poiché trattasi di debiti comuni europei, i singoli Stati chiedono garanzie sul fatto che gli interventi producano effettive ricadute sulla crescita. Tutto ciò, ci fa capire che queste risorse non sono destinate a soddisfare i più disparati desiderata, vanno piuttosto considerate come un’opportunità per rimuovere quegli ostacoli strutturali che fino ad oggi hanno impedito un’adeguata crescita nel nostro Paese.

Non solo. In merito all’attuazione del Piano, l’Europa chiede anche una garanzia sulla capacità amministrativa, atta ad assicurare che le riforme e gli investimenti procedano come pianificato. In altre parole, la creazione di un team di esperti, è una scelta obbligata per poter presentare il Piano. Come verrà inquadrata questa struttura e il raccordo con il Parlamento, riguardano scelte politiche e di governo. E’ chiaro, però, che con l’attuale macchina della pubblica amministrazione, non saremo in grado di realizzare questo imponente progetto di riforma.

Insomma, il percorso per redigere questo Piano nazionale è tutto il salita. L’Italia, che ha fortemente sostenuto in Europa l’esigenza di mettere a disposizione queste risorse per ovviare in maniera solidale alle conseguenze della crisi generata dalla pandemia, con il Recovery Plan si gioca tutta la sua credibilità, a livello europeo e internazionale.

Buon ascolto!

Cristina Del Tutto, direttore

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