“Ogni ordinamento sarà giusto rispetto al momento di civiltà di cui è espressione, mentre sarà ingiusto ove, essendo stato superato questo momento, esso sia rimasto immutato” diceva un illustre giurista, quale fu Vittorio Ottaviano. In questo momento storico si è sviluppato un “comune sentire” che rifiuta qualsiasi sorta di privilegio in favore della classe politica, presente e passato. E, laddove si chiede ai cittadini di posticipare la loro uscita dal mondo del lavoro, la questione dei vitalizi è diventata il centro dello scontro tra la classe politica e gli italiani. Indubbiamente, in passato l’uso spesso “spregiudicato” del diritto ha determinato un deterioramento della morale, dei costumi e dell’ambiente culturale del nostro ordinamento costituzionale. Tuttavia, il mestiere del legislatore è quello di perseguire il “bene comune”, e il buon senso suggerirebbe di prendere le distanze da “rese dei conti” che potrebbero compromettere il sistema di diritto su cui è fondata la democrazia. Il rischio potrebbe essere quello di creare norme contraddittorie che invece di dipanare conflitti, ne creano di ulteriori. In questo momento è difficile trovare una sintesi perfetta tra le richieste di “giustizia” che provengono dal corpo elettorale e l’esigenza di certezza del diritto. Bisogna tener presente, infatti, che non è possibile creare delle “deroghe”, senza scardinare il sistema di diritto. In questo senso risulta pericoloso agire retroattivamente, poiché se passa il principio secondo cui il legislatore può rivedere le sue decisioni a posteriori, nessuno più può dirsi al sicuro. Quanto meno il rischio diventa concreto. In altre parole, per “fare giustizia” retroattivamente sui vitalizi si va a creare un precedente di diritto che, per l’effetto domino, potrebbe essere applicato in qualsiasi altra situazione. Ad esempio, rimanendo in ambito pensionistico, potrebbe essere chiesto il ricalcolo per tutti coloro che percepiscono una pensione non parametrata secondo il sistema contributivo. La domanda è: “Vale la pena accanirsi nei confronti degli ex parlamentari, quando le conseguenze possono risultare sproporzionate in fatto in diritto per tutta la comunità?”. I c.d. vitalizi sono stati di fatto aboliti con le modifiche regolamentari del 2012. Nel 2018 il Parlamento ha richiesto il ricalcolo contributivo degli importi degli assegni dei vitalizi, con decurtazioni che sono arrivate fino all’80 per cento. Non si tratta di essere a favore o contro i vitalizi percepiti dagli ex parlamentari, si tratta di comprendere le conseguenze future di certe decisioni. Oltretutto, se vogliamo parlare di ingiustizie, non c’è bisogno di guardare sempre al passato. Anzi, sarebbe più utile agire sul presente. E’ vero che i vitalizi sono stati eliminati, è anche vero però che gli attuali parlamentari (tutti) percepiranno l’assegno relativo alla contribuzione per la loro permanenza di Parlamento a 60 anni, non a 67 come tutti gli altri cittadini. Perché non modificare questa norma? Perché nessun cittadino si indigna di questa disposizione? Eppure sono gli Uffici di Presidenza delle Camere a dover decidere a maggioranza, senza bisogno di scomodare il Parlamento. E ancora. Perché non modificare il vetusto sistema si autodichia parlamentare, che negli ultimi decenni ha creato una vera e propria aberrazione, secondo cui le leggi dello Stato in Parlamento possono non trovare applicazione, ad esempio in materia di lavoro e di appalti. Probabilmente questa maggioranza parlamentare non ha nessuna intenzione di andare a ricalcolare le pensioni di tutti gli italiani, tuttavia una volta che si è fatto passare il principio della legittimità della legislazione retroattiva, non è detto che in futuro qualche altra maggioranza non lo faccia. E non parliamo soltanto di pensioni, ovviamente. Magari un’amministrazione comunale che ha dato una concessione per lo sfruttamento di aree pubbliche potrebbe accorgersi che il prezzo pattuito era troppo basso, rivedere di conseguenza i parametri della locazione e chiedere gli arretrati per un paventato danno erariale. Quando non c’è certezza di diritto, può accadere qualsiasi cosa. Questa è la riflessione che mi sento di proporre in merito ai vitalizi. Una riflessione che ha riguardo alle conseguenze di diritto, non al merito della questione, su cui ( tranne probabilmente i diretti interessati) siamo tutti d’accordo: si è trattato di un abuso! Il rischio, come dice il saggio, è di continuare a guardare il dito invece di osservare la luna. L’auspicio è che questo Paese possa tornare a pensare al futuro, senza rimuginare su ciò che doveva essere fatto e non è stato fatto. Allo stesso modo abbiamo bisogno di tornare a considerare i nostri parlamentari non più come ad una “casta”, ma come rappresentanti della Nazione. Ricordiamoci anche delle nostre responsabilità di cittadini, poiché viviamo da oltre settant’anni in una democrazia che ci consente di andare a votare i nostri rappresentanti in Parlamento. Se proprio vogliamo parlare di responsabilità e di giustizia, per quanto riguarda l’atteggiamento degli italiani, mi sentirei di parlare di “concorso di colpa”. Radio Sparlamento non dispensa verità che non conosce, si limita a fornire dei contenuti attraverso i contributi di ospiti autorevoli e competenti, in modo che ogni ascoltatore possa maturare la sua personale opinione su un determinato argomento. Da questo punto di vista, ringrazio vivamente l’avv. Maurizio Paniz, l’on. Anna Macina e l’avv. Antonio Mazzocchi per averci offerto interessanti spunti di riflessione, per il dibattito rispettoso delle diverse opinioni, garbato e sempre puntale. Buon ascolto!